BASTIAN CONTRARIO: STELLA POLARE

Il GP di Miami conclusosi domenica scorsa, ha regalato non poche emozioni, il che non significa che siano state necessariamente tutte positive. Ognuno, in una pista atipica (una delle tante purtroppo) come quella dell’Hard Rock Stadium, ha avuto il suo bel da fare nel cercare di districarsi nell’interpretare l’asfalto e le pieghe del suddetto circuito, unito al fatto che si doveva fare i conti con la seconda Sprint Race (forza e coraggio, ne mancano solamente altre quattro!) dell’anno. Ogni squadra si è affidata, come si conviene ad ogni esperto marinaio, alla sua stella polare per potersi orientare al meglio per cercare il miglior compromesso possibile, al fine di estrarre il massimo potenziale possibile dalle proprio monoposto.

Del resto è questo il mantra predicato da Maranello, per bocca di monsieur Vasseur, nelle due settimane che hanno preceduto il GP americano. Ferrari, a differenza di Red Bull e soprattutto di McLaren (ci ritorneremo tra un po), non ha portato nessun tipo di aggiornamento proprio per fare fede al suddetto mantra e, a mio dire, anche perché hanno bisogno di guadagnare tempo per cercare di essere sicuri di quello che hanno. Ecco, paragonando le parole del Team Principal Rosso a quanto fatto da McLaren, mi viene un certo magone: Vasseur in un passato non troppo lontano ha detto che bisogna avere il coraggio di osare, perché solo cosi si può pensare di crescere in grande, allora mi chiedo per quale motivo non hanno osato proprio come ha fatto McLaren? La squadra di Andrea Stella (la stella polare a cui Woking si è affidata dal 2022), ha spinto da subito su questi benedetti sviluppi e, già dall’anno scorso come collettivo, hanno dato dimostrazione di cosa sono stati capaci rivoluzionando (a stagione in corso) totalmente il concetto della loro monoposto, progredendo in modo esponenziale verso la fine del campionato 2023. Il GP di Miami, per layout e format col quale si è svolto, non era l’ideale per presentarsi con degli aggiornamenti corposi (tra le altre cose i pezzi color papaya non c’erano per tutti, infatti Piastri montava il cinquanta percento di quello che aveva Norris), eppure la McLaren ha osato, riuscendo nell’impresa tra l’altro. La SF24 sicuramente è un’ottima monoposto e, il passo sfoggiato da ambo i ferraristi rispetto ai primi, lo ha ampiamente dimostrato e posso anche accettare che si debba cavare sangue dalle rape (leggi massimizzare il potenziale) per poter arrivare il più preparati possibili all’appuntamento prefissato, solo che di certo nell’attuale atteggiamento Ferrari, non vedo una squadra che si prende rischi. L’impressione è quella che il gruppo inizi a sentire il peso della pressione, dovuto anche al fatto che hanno già vinto (forse quella vittoria è arrivata troppo presto? Forse l’aver vinto cosi velocemente ed inaspettatamente ha generato troppe aspettative e la dirigenza, a partire da Frederic, non vuole scottarsi come l’anno scorso?) al secondo GP della stagione e quindi, ci vogliono andare coi piedi di piombo. Di sicuro la stella polare (per quanto ancora, visto che l’anno prossimo ci sarà Hamilton?) a cui Ferrari si affida in pista, cioè LeClerc, non ha passeggiato e come suo solito ha dovuto fare gli straordinari per cercare di rimanere incollato al duo di testa i quali, è giusto sottolinearlo, non sono mai fuggiti via. Questo è sicuramente un bene, ed infatti è doverosa una seconda riflessione che è quella che, nonostante la SF24 sia la stessa del primo GP (salvo gli adattamenti del caso), era li a giocarsela e a fare male… agli avversari. Un aspetto molto positivo e sicuramente da non sottovalutare (soprattutto per i diretti rivali… in primis McLaren, perché è con loro che ci giocheremo il secondo posto nel mondiale costruttori), perché questo fa ben sperare. Da qui il mio pensiero che mi fa credere, a causa dell’attuale atteggiamento adottato appunto, che la Rossa stia cercando di guadagnare tempo attraverso la narrativa del potenziale da estrarre a dovere. Al di la di come la si possa pensare, ormai il tempo è scaduto, perché la dead line è stata raggiunta: fra due settimane si correrà ad Imola, pista vera con format classico (o dovrei dire vero?) e, dove Ferrari dovrà portare i suoi di aggiornamenti. McLaren si è presentata in pista con un pacchetto che valeva quattro decimi (una enormità!) e, sebbene condizioni della pista e sotto performance della Red Bull (di Verstappen), gli siano andati incontro, è anche vero che se non avessero osato probabilmente la vittoria se la sarebbero giocata Max e Charles.

Inutile giraci attorno dunque, ovvio che tutte le aspettative siano rivolte nel week end imolese, perché come ha detto lo stesse LeClerc: “In merito a questi sviluppi, sapremo che direzione prendere” e, per direzione, significa se la strada presa è quella sbagliata, giusta o addirittura potersi giocare il mondiale. Di sicuro dopo Imola non ci saranno più scuse a cominciare dallo stesso Vasseur, il quale lasciatemelo dire, inizia ad essere quanto meno stucchevole nelle sue continue risposte evasive dove dice tutto e niente (e ritorniamo al guadagnare tempo!), solo che a lui ogni cosa è perdonata in quanto è il Messia del nuovo corso. Mi chiedo cosa si sarebbe detto se, ad essere il Team Principal della Scuderia più importante del “sistema solare” fosse stato “l’altro” e avesse preso, con il cappello della squadra avversaria in testa, una “boccia” di champagne e avesse innaffiato la squadra vincitrice del GP, mentre stavano giustamente festeggiando. Cosa sarebbe successo se Stella avesse fatto lo stesso con Ferrari? Suppongo che tutto venga derubricato a semplice goliardata, perché quando sei benvoluto dalla massa (Hamilton, forse Newey… sembra che sia tutto merito suo), tutto va bene. Io dico che un minimo di decoro deve essere sempre conservato, a maggior ragione se si ricopre quel ruolo e, che questa uscita da parte della stella polare di Maranello, poteva essere tranquillamente evitata. Qui non siamo in Sauber, dove puoi rincorrere Giovinazzi (o qualunque altro pilota sia chiaro) per tutto il box per provare a tagliargli i capelli o, aggirarti tra i camion del paddock e sparare acqua da un fucile giocattolo.

Di sicuro la stella polare di McLaren usa atteggiamenti diversi e da un anno a questa parte sta facendo fatti, come si suol dire, tanto da aver messo in condizioni Lando Norris di “sbloccarsi” e vincere finalmente la sua prima gara. Per un Ferrarista vecchio stampo come me, non è semplice digerire una vittoria della McLaren, visto il sangue che ci ha fatto sputare dal 98 al 2000, solo che sportivamente non si può che elogiare il loro spirito di abnegazione ed il coraggio profuso in pista (osare!), tanto da aver fatto raggiungere il colpaccio al giovane pilota inglese verso il quale, non lo nego, iniziavo a nutrire non pochi dubbi visto che in passato ha avuto le sue occasioni (ad onor del vero anche la sorte gli è andata contro… si dia a Cesare quel che è di Cesare) e, in un modo o nell’altro le ha sprecate. Nella sua vittoria ci si potrebbe appellare alla causa “safety car” uscita al momento giusto (per lui) eppure, non ci si dimentichi che prima che Sergeant e Magnussen (il quale domenica scorsa era in tiro forte!) si scornassero tra loro, Norris con le Medie volava ed infatti in McLaren hanno ritardato il più possibile l’unico pit stop, dettato dalla strategia Pirelli come più veloce, andando cosi incontro ad una sorte benevola questa volta. La stella polare indica sempre il nord, solo chi osa saprà meglio orientarsi verso la vetta del mondiale.

Vito Quaranta

LE NON PAGELLE DI MIAMI 2024

Giunti al cospetto del GP che contende a Las Vegas la poco invidiabile palma del più kitsch della stagione chi se lo aspettava un GP così spettacolare?

Già, perché tutto mi attendevo tranne quanto ho visto ieri sera. Cioè un Gran Premio di quelli che piacciono a me (e a tutti gli appassionati, aggiungo con una certa supponente presunzione che confido mi perdonerete), con tanta tensione strategica, duelli avvincenti, piloti che possono “tirare” dall’inizio alla fine. Di tutto questo si è visto in abbondanza nel semi-tortuoso tracciato ricavato nel parcheggio dello stadio dei Miami Dolphins (team di football americano e non di baseball come mi è parso di sentire più volte in telecronaca) che pur non disegnato dal solito Tilke non presenta particolarità degne di nota o comunque tali da farci predire la sua presenza nei futuri libri di storia del motorsport. Circuito non bellissimo, dunque, ma che è stato realizzato con tecnica impeccabile con un asfalto talmente liscio e omogeneo che ha consentito una gestione gomme che si è vista raramente nel circus. Queste, infatti, hanno mostrato un degrado quasi nullo il che da un lato ha consentito ai piloti una inconsueta possibilità di giocarsi tutte le loro carte per l’intera durata del gran premio e dall’altro lato ha messo un bel rovello in testa agli strateghi delle scuderie.

Ne è uscito, come anticipato all’inizio, un GP ricco di tensione e spettacolare nella sua evoluzione.

Peraltro, ciò ha consentito di vedere in ben altra prospettiva l’intera stagione sin qui disputata. Fino ad oggi si poteva immaginare una RBR più gentile delle gomme rispetto agli altri e al contempo più performante sull’intera gamma delle fasi di un GP nel senso che in ogni fase (iniziale – intermedia – finale) trovava la miglior combinazione (perlopiù, ovviamente, con Max) tra gestione e performance al punto tale da poter staccare gli altri con un certo agio. Grazie a ciò, si è pensato che il livello di performance della RB 20 fosse superiore agli altri, anche al netto della bravura di Max. Qui a Miami, invece, queste convinzioni subiscono un deciso ridimensionamento. L’assenza praticamente totale di degrado ha consentito di vedere le vetture nella loro migliore espressione velocistica in praticamente ogni fase del GP. E quel che è venuto fuori è ben diverso da quanto visto sinora. McLaren, con gli aggiornamenti portati proprio a Miami, è parsa persino più performante di RBR e non essendoci stato alcun degrado a condizionarne il risultato ha potuto giocarsi le sue carte per la vittoria. Con gli esiti che sappiamo.

L’anomala condizione di questo GP ha consentito anche di trarre qualche ulteriore indicazione sulla capacità dei piloti. Ed è su questo che proverà a dir qualcosa in queste NON PAGELLE nelle quali, sia chiaro, non considererò minimamente sprint e relative mini-qualifiche.

Cominciamo ovviamente con la piacevole prima volta di uno dei nostri beniamini.

NORRIS

Finalmente! È proprio il caso di dirlo e anzi lo ripeto: finalmente! Il buon Lando porta a casa la sua prima vittoria nel circus e lo fa in modo assai convincente. La simpatia di cui gode presso il grande pubblico che segue il circus grazie alle sue intemerate online, grazie a questa vittoria, gli consentirà certamente di aumentare il suo seguito. Ma di questo poco ce ne cale, direbbe il poeta. Ce ne cale molto di più, invece, della stima degli appassionati, dei suoi colleghi e di tutti gli addetti ai lavori che nel 2023, in special modo dopo che McLaren rivoluzionò il suo mezzo cambiando radicalmente il suo target da speriamo-di-non-uscire-in-Q1 a contender per il podio in ogni GP, cominciava a zoppicare. Io stesso, da iniziale suo estimatore, nel pagellone finale della stagione 2023, avevo espresso sinceri dubbi sulla sua tenuta ad alto livello arrivando persino a sostenere che

soprattutto arriva quella sensazione che il pilota sarà anche velocissimo ma quando arriva il momento in cui si fa per davvero non c’è

E nonostante in questo 2024 abbia dato la sensazione di aver preso le sue misure al suo giovane (come se Lando non lo fosse…) e sorprendente rookie-of-the-year 2023 compagno di team, fino ad oggi questa sensazione del “braccino” non era ancora andata via. Quante volte non ha fatto il suo miglior giro in Q3? Quante volte quando si è trovato a battagliare per risultati importanti ha commesso imprecisioni ed errori evitabili? In questo stesso week end ha deluso assai in qualifica! Eppure, l’eroe di giornata è finalmente (finalmente!) riuscito a mettere insieme tutti i pezzi del suo puzzle personale e a portare a casa una vittoria insperata. In questo è stato aiutato da due circostanze. La prima,  macroscopica, è stato il major upgrade tecnico che, in tutta evidenza, ha fatto della già buona MCL38 un’ottima vettura, capace di lottare addirittura per la vittoria. Certamente, le particolari condizioni di questo circuito non possono ancora vidimare, per così dire, la raggiunta maturazione del mezzo quale principale antagonista di RBR: dovrà confermarsi anche in altri circuiti dove le condizioni non saranno più così favorevoli. Ma altrettanto certamente il segnale lanciato da McLaren è di quelli veramente forti. Se consideriamo come hanno cominciato il 2023 questa vittoria ha del fantasmagorico. Si dice che il merito di Andrea Stella, sia stato proprio quello di poter indirizzare con pieni poteri e sagacia tecnica lo sviluppo della vettura. Da quando ha totalmente preso in mano le redini dello sviluppo non ha sbagliato un colpo. Di questo, leggo in giro, si lamentano i nostalgici che alla beneamata imputano scelte quantomeno azzardate nella gestione delle proprie risorse tecniche. Hanno ragione da vendere, per carità!, ma invito alla seguente considerazione: avrebbe il bravissimo ingegnere di Orvieto, saputo ottenere lo stesso ruolino di marcia se fosse rimasto sulle rive del Secchia? Sfortunatamente la vita non si presta ad esperimenti “in doppio cieco” e non lo sapremo mai. Questa sorta di moderazione dell’entusiasmo, di cui poc’anzi ho cosparso a piene mani questa valutazione della prima vittoria di Lando, mi serve per rientrare nei ranghi. Questa vittoria è bellissima, certamente, ma va presa con le dovute cautele e vanno tenute ben diritte antenne, sensori e vibrisse per non far sì che non si arrivi al pagellone 2024 a parlare di Miami come un fuoco fatuo che aveva dato illusorie speranze di vedere un mondiale finalmente messo in discussione. E che bisogna fare perché non si arrivi a tanto? Non mi esprimo sulle questioni tecniche relative alla vettura, ovviamente non ne ho le capacità, ma su quelle prettamente sportive messe in mostra dal Lando di oggi invece sì. La partenza è guardinga e per qualche giro controlla, a debita distanza da Perez, che il consumo gomme sia quello preventivato. Ottenuta conferma rompe gli indugi e va a pressare Checo. Quest’ultimo evita il sorpasso ormai imminente di Lando pittando con leggero anticipo e dando aria libera al nostro eroe che non si fa pregare e comincia a girare ben mezzo secondo più veloce di tutti, Max compreso. E non sbaglia una virgola! Giro dopo giro si avvicina al trio Piastri, Leclerc e Sainz che passa da 6 a 2 secondi nell’arco di pochi giri. Continua imperterrito nella sua corsa a suon di giri record anche dopo che tutti quelli davanti cambiano le gomme. E qui arriva la seconda circostanza che lo ha aiutato nell’impresa. La Safety Car causata dal “gancio” tirato da Magnussen a Sargeant lo trova al comando e pronto a pittare riuscendo quindi ad annullare il già risicato gap che aveva con Max il quale, al momento della SC cedeva secondi su secondi allo scatenato Lando. Ciò ci fa dire (sempre con la mancanza della controprova naturalmente) che le probabilità di vittoria di questo Lando sarebbero rimaste inalterate anche senza SC. Ma chiaramente quest’ultima ha favorito il tutto. Esce indenne e senza errori dalla ripartenza: la cosa non è affatto banale considerato il mastino piglia-tutto che aveva alle spalle e che sono pronto a scommettere non abbia lesinato alcuno sforzo per provare a sopravanzare il nostro eroe. Da lì in avanti il ritmo di Lando è inarrivabile persino per Max e scava un solco incolmabile che lo porta alla vittoria. Strategia perfetta, guida sopraffina, nervi saldi (nervi saldi!) lo accompagnano al traguardo e alla tanto attesa prima vittoria della sua carriera. Bravo Lando! Gli applausi a scena aperta se li merita tutti ed è così che deve fare se vuole dare un messaggio importante a tutti quelli che stavano dubitando di lui. A me, come spero a tutti gli appassionati, ha fatto molto piacere vedere i suoi colleghi correre a complimentarsi con lui. Come ha giustamente detto Chinchero in telecronaca i piloti si “annusano” e si “misurano” e sanno perfettamente quanto e dove stia il talento. Le sincere congratulazioni dei vari Max, Charles (questi due li avete mai visti sorridenti dopo una sconfitta?!), Carlos, Fernando, Giorgino e sorrisone Daniel che si sono affrettati a corrergli incontro subito dopo la conclusione della gara la dicono lunga sulla considerazione che Landino nostro gode presso i colleghi. E tutti questi sorrisi, abbracci e strette di mano non possono che far piacere e far correre la mente ad altre epoche e altri piloti e altre condizioni e quanto “altro” volete ma con lo stesso piacere e rispetto (sia pur in versione 2024 e non 1976, tanto per dirne uno) che si è visto ieri. Grazie a Lando anche per questo.

VERSTAPPEN

Mi sono dilungato sulla vittoria di Lando non tanto e non soltanto per il piacere che ha fatto provare a tutti gli appassionati ma anche perché potrebbe avere un profondo significato nell’economia sportiva di questo campionato. Diversamente da altre circostanze viste negli ultimi due anni questa vittoria ha significato anche una sconfitta sul campo per Max e per la RBR. Già perché non c’è stato un week end confuso come a Singapore 2023 o un problema tecnico come in Australia e in più c’è una scena che sintetizza il vano sforzo fatto da Max per far sua anche questa tappa che spiega il tutto. Avete presente quando al giro 22 ha centrato il paletto in mezzo alla chicane di curva 15? Ecco. È tutto lì. Max stava, e lo dico con tutta la prosaicità possibile, tirando di brutto! Lo stava facendo al punto tale da incorrere in quell’errore che è l’ovvio e non altrimenti spiegabile esito di una guida al limite. Anzi, oltre il limite. Non c’è molto altro da dire. Lui è sempre il solito, cioè implacabilmente veloce giro dopo giro e capace di estrarre tutto quel che si può estrarre dal suo mezzo. Solo che stavolta non è stato sufficiente. Il suo sorriso è parso sincero quando si è complimentato con il suo amico Lando ma sono altrettanto convinto che riderà molto meno quando, nel segreto del suo stanzino, analizzerà i dati della gara. La sensazione, infatti, è che anche senza Safety Car il ritmo imposto da Norris alla gara per lui fosse irraggiungibile. Certo! Va da sé! Gli avrebbe reso la vita dura quando, in un universo parallelo in cui non ci fosse stata SC, se lo sarebbe ritrovato negli specchietti ma sarebbe stata durissima. Ed è da due anni che tutti aspettano di vedere cosa succederà ai suoi nervi se messo sotto pressione. Sarà così d’ora in avanti?

LECLERC

Grandi sorrisi anche in casa Ferrari in quel di Miami. Diversamente da quanto riportato in precedenza dai media, a Miami non arriva alcun minor upgrade e resta programmato il major nel prossimo week end imolese. Considerato ciò, la prestazione di Charles è straordinaria. Non è tanto il risultato (comunque ottimo) ma, anche nel suo caso come per quello di Lando, il modo in cui è arrivato. La partenza è stata disastrosa e se non fosse stato per il tentativo di strike di Checo alla prima curva non si sarebbe trovato secondo. In più c’è lo smacco, molto relativo evidentemente, del sorpasso subito dall’arrembante Piastri delle prime fasi di gara. Ma la parte negativa della gara di CLC finisce lì. Infatti, non solo non molla Piastri ma gli si attacca agli scarichi per tutto il tempo. Forse non volendo strafare si contiene nei tentativi di sorpasso che non paiono mai troppo decisi (e comunque assai difficili contro la McLaren vista ieri) e decide per un undercut. La strategia è efficace perché tra tutti coloro che pittano prima della SC è quello che esce meglio sia come posizione che come ritmo. In quella fase di gara è parso assai succoso, per le prospettive 2025, il sorpasso molto deciso effettuato nei confronti di Hamilton. Chiaramente la SC gli scombina un po’ i piani ma con l’asfalto di Miami non c’è poi granché da recriminare. Infatti dalla ripartenza sino alla fine della gara non molla un centimetro a Max dal quale non si distacca mai di più di 2.5 secondi. Anzi, c’è stato persino qualche giro, a circa 10 giri dalla fine, in cui si era anche avvicinato fin quasi a distanza DRS. Insomma, eccellente sia lui che la vettura che in questo circuito in cui le differenze di gestione gomme si sono praticamente annullate hanno fatto vedere che non hanno nulla da invidiare, sul piano prettamente prestazionale, a Max e alla sua RBR. Staremo a vedere cosa succederà a Imola.

PEREZ

Il posto ai piedi del podio è figlio di due grazie ricevute. La prima è la quasi-carambola che ha rischiato di innescare alla prima curva dallo start. Bastava uno spin quantistico in più su uno degli atomi del suo flap anteriore e buttava fuori Max! Scampato il pericolo si ritrovava a inseguire le Ferrari. Solo che… non ci riusciva! Anzi, dopo i suoi vani sforzi per riprendere Sainz si ritrovava non solo a perdere terreno ma anche ad essere pesantemente pressato da Norris al quale non concede la lotta provando un undercut che poi si è rivelato sostanzialmente inutile. La sua gara ricomincia con un secondo pit in regime di SC che gli consente di non correre rischi contro il redivivo di giornata (no, non Ricciardo ma Hamilton) che pur avendolo avuto negli scarichi per tutta la seconda parte di gara non è mai stato in grado di attaccarlo seriamente grazie alle gomme di quella virgola più fresche che proprio nei punti giusti impedivano all’eptacampeao di realizzare i suoi sogni più bagnati del 2024: superare una RBR! La seconda grazia è stata la (errata) penalità comminata a Sainz che lo fa avanzare di una posizione. Se Max avrà smesso di ridere nel retrobox ho idea che di Checo si comincino a udire sospiri poco promettenti.

SAINZ

Si associa al suo team mate per l’ottima prestazione sfornata in quel di Miami. Anche nel suo caso conta poco il risultato quanto il modo in cui è arrivato e cioè con una prestazione eccellente sia in termini puramente velocistici che in termini di ritmo. È sfortunato in occasione della partenza (eccellente! Diversamente da quella fiacca di CLC) perché la carambola sfiorata da Perez lo costringe a passare da sicuro secondo dietro Max prima a cedere subito la posizione a Leclerc e poi due curve dopo a Piastri. Il suo ritmo è ottimo ma non abbastanza. Il lamentino via radio (“quindi? Facciamo qualcosa lì davanti?!” come a lamentarsi di una presunta ignavia da parte di CLC) non è ben posto perché perde qualche secondo dal suo team mate e non è poi abbastanza veloce per giocarsela sul ritmo in occasione dei pit. Inoltre la SC lo coglie nel momento immediatamente successivo al suo pit il che non gli consente di giocarsela per le posizioni da podio. La ripartenza lo vede lottare con un Piastri che non pare più l’iradiddio dei primi giri. Si scompone dopo il tentativo di sorpasso andato a vuoto. Poi di nuovo troppe lamentele che lo portano poi a forzare un sorpasso che alla fine avrà delle conseguenze. Il contatto con Piastri, a mio modestissimo parere, non era da penalità e la decisione della direzione corsa del dopo gara mi è parsa francamente esagerata. L’inserimento in curva, in quell’occasione è stato sì abbastanza forzato ma non per questo irregolare. Del resto è così che si fanno i sorpassi in curva: si cerca di sorprendere l’avversario allungando la staccata e tentando poi di rimanere davanti. Anzi, sarebbe da fargli un applauso per come ha saputo repentinamente controllare lo sbandamento del retrotreno. È piuttosto Piastri che è stato troppo ottimista nel cercare l’incrocio e che non ha calcolato bene lo spazio che aveva a disposizione e non è certo colpa di Sainz se ciò ha portato il giovane australiano a trovarsi l’alettone anteriore danneggiato. L’errore della direzione gara credo sia stato proprio quello di non aver considerato la zona del danno: fosse stata una fiancata il dubbio di manovra irregolare ci sarebbe potuto stare ma se è alettone anteriore è evidente che si tratta di un  “errore di sbaglio” (cit. nonno buonanima) di chi sta dietro. Fatto sta che Sainz, dopo essersi assicurato di non aver avuto danni alla vettura, finalmente libero di esprimersi, sfodera un ritmo notevole che lo porta a da 5 a 2 secondi di distanza dal suo team mate. Non forza ulteriormente perché non aveva senso: oltre al rischio implicito di un duello con il team mate nel finale di gara non poteva immaginare che avrebbe ricevuto una penalità. Altro problema della decisione del dopo gara: se in ferrari avessero saputo sin da subito della penalità avrebbero potuto provare una tattica ciclistica con i due piloti. Salvate le posizioni, infatti, Carlos in DRS da Charles e ritmo spinto avrebbero potuto consentire a Sainz di stare quel secondo e mezzo in più davanti a Perez e portare a casa il quarto posto. Ma tant’è. Anche lui aspetta Imola con spasmodica curiosità.

HAMILTON

L’appiattimento del degrado gomme ha messo in luce la competitività di McLaren e Ferrari ma al contempo ha confermato che Mercedes è un passo indietro. Probabilmente rinfrancato da una vettura ben bilanciata sul liscio asfalto di Miami e per nulla costretto a lesinare sul risparmio gomme, il buon Lewis non si è risparmiato sulla condotta di gara e pur con grande fatica si è destreggiato nel gruppo come ai bei tempi. Da antologia il suo sorpasso a Hulk e per quanto frustrante sia stato l’aver conteso senza concrete possibilità la posizione a Perez per 20 giri è stato un bel vedere. Peccato per lui il non sapere della penalità di Sainz perché ha mollato la coda di Perez proprio negli ultimi tre giri, evidentemente col solo intento di portare a casa il risultato ormai acquisito. Ecco un altro danno della errata penalità comminata nel post-gara. Incoraggiante ma non troppo.

TSUNODA

Grande risultato da parte del piccolo Yuki che si tiene fuori dai guai in partenza e si destreggia bene nelle varie circostanze di gara. È beneficiato dalla SC, vero, ma è tutto suo il merito di aver resistito a Russell e persino a distaccarlo (benché io non sia sicuro se tale distacco è dovuto ad un qualche errore di Giorgino o di un suo merito oggettivo). Purtroppo non è stato molto inquadrato sicché non mi viene altro da commentare se non dedurne l’eccellente ritmo e dargli un bravissimo!

RUSSELL

Visto solo in occasione del sorpasso a Hulkenberg non c’è molto da dire. Non so se il distacco subito da Tsunoda sia stato l’effetto di un qualche suo errore. Fatto sta che si merita un voto basso visto che il suo team mate se l’è giocata per tutta la gara con Perez e la RBR.

ALONSO

Tradito da pessime qualifiche (dietro persino al suo team mate!) è costretto ad una gara di rincorsa. La VSC gli fa guadagnare qualche posizione ma niente di che. È invece dopo la SC che si scatena e sorpasso dopo sorpasso, sia pur ben lontano dalle condizioni tecniche che lo avevano visto protagonista in Cina, raggiunge la posizione nei punti che era il massimo a cui poteva aspirare. Old Fox!

OCON

Sorpresa! E dubbio! La disastrosa Alpine vista sinora nel 2024 non poteva neanche immaginarsi lottare per i punti, figuriamoci conquistarli. E invece ci ritroviamo Ocon per la prima volta in decima posizione e per giunta con una gara convincente! Chi l’avrebbe mai detto? Considerando che anche Gasly è andato bene (anzi, inizialmente andava persino meglio ma la VSC gli ha fatto perdere la posizione proprio contro Ocon) c’è da chiedersi se la Alpine, in queste particolari condizioni in cui le gomme non influiscono sulla performance, si sia dimostrata una vettura migliore di quanto visto finora oppure se è stato portato qualche miglioramento tecnico (ho cercato notizie ma si parla solo di piccoli aggiornamenti) oppure, e qui il dubbio citato prima, se invece tutto il popò di ragionamenti tecnici che ho fatto sin qui non sia del tutto errato. Si tratta cioè di capire, con questa performance di Alpine, che si è vista persino lottare in rettilineo!, se il circuito ha tirato fuori le vere performance di queste vetture al netto delle gomme (come ho cercato di dedurre più sopra) oppure se invece è così particolare da stravolgere i veri valori in campo. Chiaramente, se fosse vera questa seconda ipotesi, tutto il ragionamento sul piano tecnico fatto sin qui è destinato a cadere miseramente in quel di Imola quando rivedremo Max e la sua RB20 dominare il resto del gruppo. Se invece c’è qualcosa di vero in quanto sin qui ragionato ci sarà molta più incertezza sulla quale contare per vedere gare più combattute. Non dovremo far altro che attendere un paio di settimane.

NOTE DI MERITO

Ho già citato Gasly che, al pari della sua vettura, si è ben destreggiato nel gruppo e solo per la diversa strategia (poi penalizzata da VSC) rispetto a Ocon non gli ha consentito di prenderne il posto nei punti.

Dopo lunghe riflessioni (manco fosse la Critica della Ragion Pura!) ho deciso di mettere qui Piastri anziché nelle note di demerito. La sua gara è stata splendida nella prima metà. Ritmo eccezionale nella prima fase, attento a tutto, aggressivo in attacco e in difesa quando è stato necessario. Di contro, e da qui il dubbio, il suo team mate è stato comunque notevolmente più veloce e poi l’errore nell’incrociare Sainz in occasione del sorpasso poi penalizzato è comunque suo. Alla fine va comunque citato in questa zona delle pagelle perché la sua personalità è comunque emersa. Molto divertente è stato il suo ingegnere quando lo vedeva arrembare contro tutti nella parte finale, dopo che gli hanno cambiato l’ala anteriore danneggiata dallo scontro con Sainz. I sorpassi arrabbiati che faceva erano tremebondi per il team che temendo una nuova SC non sapeva come altro calmarlo! Sane, anzi, sanissime risate!

NOTE DI DEMERITO

Non si può non citare Ricciardo che nelle prove della garetta e nella garetta stessa aveva fatto vedere meraviglie e che invece nella gara vera non è mai stato della partita. Il demerito si comprende ancor più se si pensa che aveva pure agganciato il momento giusto per pittare in regime di SC senza tuttavia trarne alcun vantaggio. Male!

Cito anche Hulk che dopo l’ottima qualifica e viste le circostanze particolari di questo GP aveva tutte le possibilità di entrare nei punti. Invece non è stato all’altezza del compito avendo perso il duello per il decimo posto con Ocon.

La palma del peggiore va però data a Magnussen, che tante altre volte ho “salvato” per una certa qual predilezione per il suo talento da falegname della Formula 1 e che invece stavolta ha clamorosamente esagerato.

Niente altro da segnalare.

Alla prossima!

 

NORRIS VINCE A MIAMI. FINALMENTE.

Miami. Non c’è altro da aggiungere.

Garetta del sabato as usual, con Verstappen davanti e Leclerc dietro non troppo lontano (su questo torneremo nei proverbiali P.S.). Quarto un ritrovato Ricciardo che, a dimostrazione di quanto significativa sia questa trovata, nelle qualifiche affonda e viene eliminato in Q1. 

La pole va a Verstappen, con le due Ferrari non troppo lontane. 

Si spengono i semafori e le due Red Bull partono come razzi, con Perez che entra in curva 1 come non si fa nemmeno nei videogiochi, e per poco non butta fuori sia Leclerc che Sainz che Verstappen. Chi ne fa le spese è lo spagnolo, che era riuscito a superare il compagno di squadra, e per non farsi centrare è costretto ad allargare.

Ne approfitta Piastri, che si porta in terza posizione e, al giro 5, riesce addirittura a portarsi in seconda, superando Leclerc.

Al giro 13 Verstappen comanda con meno di tre secondi sul terzetto formato da Piastri, Leclerc e Sainz, racchiusi in poco più di un secondo. Dietro di loro, Norris tallona Perez, il quale viene fatto rientrare al giro 18 per la sua, probabilmente unica, sosta per montare la gomma più dura.

Al giro 20 viene fatto rientrare Leclerc, fino a quel momento bloccato dietro Piastri. Il monegasco ritorna in pista fra le due Mercedes. 

Al giro 23 Verstappen abbatte un birillo e procura una Virtual Safety Car che dura però troppo poco per consentire a lui e agli altri davanti di fermarsi fregando Charles. Al giro successivo, Verstappen si ferma comunque, e rientra 3 secondi davanti al ferrarista.

Al giro 28 è il turno di Piastri e Sainz, che rientrano dietro a Leclerc. Subito dopo, Magnussen e Sargeant si toccano in curva 3, con l’americano che finisce contro le barriere, e viene attivata la Safety Car. Ne approfitta Norris, che così riesce a mantenere la prima posizione. Il problema è che la SC si trova non davanti a lui, bensì a Verstappen, secondo, ed è costretta a far svilare tutti e ad aspettare il vero leader.

Si riparte al giro 32, e Norris si invola, mettendo subito più di un secondo fra se e Verstappen, con Leclerc attaccato all’olandese ma senza la possibilità di attaccarlo. La lotta è fra Sainz quinto e Piastri quarto, con lo spagnolo che viene spinto fuori e reclama la posizione, senza venire ascoltato dai commissari. Ma la posizione riesce a prendersela di cattiveria qualche giro dopo, con l’australiano che nel tentativo di resistere danneggia l’ala anteriore, e si fa passare anche da Perez and Hamilton.

La seconda parte di gara non offre più emozioni nelle prime posizioni, e finisce così con Norris che vince finalmente il suo primo gran premio, davanti a Verstappen, Leclerc, Sainz, Perez, Hamilton, Tsunoda, Russell, Alonso e Ocon, che guadagna il primo punticino per l’Alpine.

Prossimo appuntamento, fra due settimane, a casa nostra, ad Imola. Chissà se il vento è veramente cambiato, o se la defaillance (per modo di dire) di Verstappen è stato un caso.

P.S. (provocatorio). Partenza della sprint, Leclerc affianca Verstappen, Max lo chiude e Charles, per non sapere nè leggere nè scrivere, frena prima e lo fa sfilare, col rischio di farsi superare da Ricciardo. “If you no longer go for a gap that exists, you’re no longer a racing driver.”, per citare colui che abbiamo ricordato giusto qualche giorno fa.  Con questo atteggiamento, l’ex predestinato rischia veramente di essere ricordato come l’Alesi del 21° secolo.

P.S. 2 Magnussen prima o poi trova qualcuno che gli dà una lezione, e non sarà la FIA.

P.S. 3 La RB20 sente già l’assenza del suo creatore?

P.S. 4 La vittoria di Norris fa felici tutti. Ed è bello così.

P.S. 5 Chissà con gli aggiornamenti come andrà la SF-24.

P.S. 6 Chissà come andrà la SF-26 progettata da Newey.

P.S. 7 In partenza abbiamo rischiato di vedere quello che sarebbe stato sicuramente uno degli episodi più divertenti della storia della F1. C’è mancato veramente un pelo.

P.S. 8, quello cui tengo di più: quel signore che è andato sul podio a ricevere il trofeo assieme ai tre piloti si chiama Andrea Stella. Ed è una delle (tante) risorse sprecate dalla Ferrari. Forse la più importante.

 

F1 2024 – GRAN PREMIO DI MIAMI

Ultima gara oltre oceano prima del ritorno in Europa, si corre sul circuito cittadino di Miami per il sesto gp stagionale.

Miami terra di conquista olandese, tanto per cambiare, con Verstappen che ha vinto entrambe le due edizioni fin qui’ disputate, una decisamente sudata nel 2022, molto piu’ agevole quella del 2023. Potenzialmente il suo rivale piu’ accreditato potrebbe essere il suo compagno di squadra che sui circuiti cittadini trova quasi sempre quel pizzico di velocita’ in piu’ ma niente che non possa essere gestito da Max.

Sara’ un’altro weekend di gara con il format della sprint race per cui si ripropongono le difficolta’ del caso: poco tempo per trovare il giusto setup, pista poco utilizzata e quindi con una grande evoluzione nell’arco dei tre giorni di gara.

immagine da rossomotori.it

In casa Ferrari l’unica novita’ saranno le nuove livree azzurre, in omaggio ai 70 anni della Ferrari sul suolo americano e comunque colore utilizzato piu’ volte negli anni ’50 e ’70 dal Cavallino. Si era paventata l’introduzione di un nuovo fondo ma pare che, alla luce delle buone indicazioni al simulatore, la SF-24 rimarra’ immutata e si cerchera’ di sfruttarne appieno il potenziale prima del ritorno in Europa e del primo pacchetto di aggiornamenti. Forse non bastera’ per impensierire la RBR20 ma, se tutto va bene, dovrebbe bastare per respingere l’assalto della McLaren.

McLaren che invece introdurra’ una serie di aggiornamenti definiti ”corposi” quindi con il dichiarato intento di mettersi dietro Ferrari e avvicinarsi alla Red Bull. Il Gp di Cina e’ stato confortante da questo punto di vista considerando l’ottimo risultato ottenuto e a Woking si cerchera’ di calvalcare l’onda dell’ottimismo per arrivare in Europa ancora piu’ agguerriti.

Chi ancora latita e’ la Mercedes e la sua W15, uscita malconcia dal gp cinese e con cronici problemi di bilanciamento. Sembra aver perso definitivamente il tocco magico il team di Brackley che non riesce a sfornare una vettura competitiva ormai da tre anni. Come se non bastasse quello che dovrebbe essere il ‘fattore’ Hamilton non si sta rivelando tale, anzi, facendo nascere il sospetto che sia gia’ con la testa altrove, un po’ piu’ a sud, sulla via dell’Abetone.

immagine da paddocknews24.com

In casa Aston Martin invece le novita’ sono attese piu’ fuori dalla pista che dentro, in quanto e’ notizia recente il divorzio tra Newey e la Red Bull. Che qualcosa bollisse in pentola lo si era capito ma sorprende che la notizia sia gia’ certa a questo punto della stagione. Ora la domanda e’: dove si accasera’ il ‘genio ‘ Newey? Ferrari o Aston Martin? Rumors indicano la trattativa con Ferrari gia’ in fase avanzata, anzi gia’ praticamente fatta, altri invece che Aston Martin abbia fatto ad Adrian un’offerta di quelle a cui non e’ possibile dire di no e che consentirebbe all’ingegnere inglese di spostarsi giusto di qualche decina di chilometri da Milton Keynes a Silverstone, fattore a suo dire limitante nel dire di no a Ferrari tante volte negli anni passati.

Per quanto riguarda gli altri poco da segnalare se non che Haas provera’ a fare bene essendo Miami gara di casa e Sauber futura Audi che si e’ gia’ assicurata Hulkenberg in attesa di formalizzare (…?) anche Sainz.

immagine da planetf1.com

Questa stagione rischia davvero di passare alla storia piu’ per quello che e’ accaduto fuori dalla pista che dentro. L’onda lunga dell’affaire Horner sembra stia facendo ancora danni, come ultimo effetto quello della partenza di Adrian Newey. Un Newey che lo stesso Horner aveva di recente definito ‘non fondamentale’ o comunque non ”unico artefice‘ dello stato dell’arte ingegneristico della Red Bull attuale. Dichiarazioni che non sono state accolte di buon grado e hanno prodotto l’accellerata dipartita di cui stiamo parlando. Si potrebbe innescare un pericoloso domino e il prossimo ad andare via, seppur con tempistiche sicuramente meno stringenti, e’ Verstappen che di sicuro non vorra’ vedere diminuite le sue chance di giocarsi il titolo alla luce della rivoluzione tecnica del 2026.

Ci sara’ tanto di cui parlare, da leggere, vero o falso che sia. Chissa’ che anche il Gp di Miami possa essere all’altezza di cotanto interesse.

*immagine in evidenza da raceexperencies.com

Rocco Alessandro

TRENT’ANNI

Gli anniversari portano con sè vari significati, soprattutto quando riguardano la dipartita tragica di esseri umani.

C’è il ricordo della persona, e di quello che ha significato, per i propri familiari, per gli amici o, come nel caso di Ayrton Senna, per il mondo intero. Non esiste, nel mondo dello sport, e se ne trovano pochi anche al di fuori di esso, un personaggio il cui ricordo venga celebrato come è avvenuto e sta avvenendo in questi giorni, anche da chi non l’ha mai visto in vita. E pure da chi, avendolo visto in vita, ha potuto toccare con mano anche i lati negativi della carriera sportiva del personaggio, che oggi vengono giustificati ma, all’epoca, venivano aspramente criticati da chi, e non erano (eravamo) in pochi non lo amava particolarmente.

I grandi personaggi sono così, hanno tutto portato al massimo, il talento, la decisione, la professionalità e anche la cattiveria, indispensabile per arrivare ai livelli supremi.

Gli anniversari, dicevamo. Di essi, quando riguardano tragedie, e Imola 1994 più che una tragedia fu una catastrofe, umana e sportiva, è giusto ricordare anche i cambiamenti che hanno portato. E, in questo caso, parliamo di cambiamenti enormi, che per certi aspetti sono andati anche oltre il mondo della Formula 1, affermando un concetto, quello che la competizione non può e non deve mai mettere a rischio l’incolumità di chi vi partecipa. Fino a pochi anni prima, non solo in Formula 1, era normale continuare a correre con i morti di fianco alla pista. Dopo no. E, anche se in tanti (di noi) ricordano con nostalgia i vecchi tempi, è giusto così. Perchè, non mi stancherò mai di ripeterlo, fino a 30 anni fa, quando un pilota saliva su una monoposto, dalla Formula 3 in su, non era per nulla sicuro di scenderne intero o vivo. 

Oggi non è più così, e lo si deve in gran parte proprio ad Imola 1994, non bisogna mai dimenticarlo, anche quando si celebra la grandezza di un personaggio unico, senza dimenticare chi, il giorno prima, ci ha ugualmente rimesso la vita, non sapendo che quell’oggetto che tanto voleva guidare non gli avrebbe perdonato il minimo errore. 

Proprio per non dimenticare questo, oggi vogliamo riproporre un articolo di 5 anni fa, che entra nel merito del perchè, dopo quel 1° maggio di esattamente 3 decadi fa, nulla è stato più come prima.

Buona lettura.

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Nella linea del tempo della storia esiste sempre un “prima” e un “dopo”.

Per la F1 la linea di demarcazione fra il “prima ” e il “dopo” è senza ombra di dubbio il week-end del 1° maggio 1994.

Questo non vuole essere il solito ricordo di coloro che quel giorno caddero, non ne sarei degno, bensì una riflessione su cosa hanno significato quegli sventurati tre giorni trascorsi, ironia della sorte, in una delle zone del mondo dove la passione per i motori raggiunge i suoi massimi.

Il mondo della Formula 1 a quel week-end arrivò ormai disabituato a ciò che fino a non molti anni prima era una eventualità tutt’altro che improbabile: quella di stilare il bollettino di guerra alla domenica pomeriggio. L’abitudine era tale che a rileggere oggi i settimanali specializzati usciti dopo uno dei tanti week-end segnati da tragedie ci si meraviglia di come queste, anziché occupare le prime sei pagine, venissero sovente relegate ad una singola pagina dopo la cronaca della corsa e descritte quasi come un normale episodio di gara.

Ad un certo punto, all’inizio degli anni ’80, una soluzione tecnologica nata per risolvere un problema di prestazione, la cronica torsione dei telai in alluminio sottoposti alle enormi forze generate dalle wing-car, si rivelò, inaspettatamente, molto efficace anche per proteggere il pilota. Quella soluzione era la fibra di carbonio, e dette la dimostrazione della sua forza a Monza nel 1981, quando la McLaren MP4 di Watson si schiantò dopo la seconda di Lesmo dividendosi in due all’altezza del motore, e l’ex-barbuto John ne uscì come se niente fosse.

All’epoca il pilota viaggiava seduto in una vasca che gli copriva sì e no il bacino. La maggior parte degli urti aveva conseguenze poco piacevoli, e un incidente come quello di Watson, con una scocca in alluminio, avrebbe avuto conseguenze ben peggiori. E, invece, niente ferite e niente fuoco, altra costante di quell’epoca.

Da lì a qualche anno tutte le macchine avrebbero utilizzato scocche avvolgenti in fibra di carbonio, e si sarebbe assistito ad urti tremendi dai quali il pilota usciva indenne o quasi. Il numero dei piloti feriti e morti nel periodo fra l’84 e il 93 fu enormemente più basso rispetto a quello del decennio precedente. Da qui la convinzione che, ormai, correre in Formula 1 (ma anche nelle altre categorie “formula”, che avevano adottato le stesse tecnologie) fosse diventato sicuro almeno quanto correre in bicicletta.

Ma era una convinzione frutto di tutto ciò che di tragico si era visto nei decenni precedenti, quando di fatto si correva a 300 e passa all’ora circondati da 4 tubi, 4 lamiere e centinaia di litri di benzina. Almeno ora c’era una scocca avvolgente fatta di un materiale molto robusto, e la benzina era dietro le spalle.

Ma… ma le macchine andavano sempre più veloci, le piste erano sempre quelle, il pilota guidava rannicchiato in uno spazio ridicolmente piccolo e con la testa e le spalle di fuori. Il tutto perché qualcuno aveva capito che stringendo la sezione frontale e alzando il muso si andava più forte. Guardate le macchine del 1994: assomigliano tutte alla Leyton House del 1988. Quel qualcuno era Adrian Newey, il quale aveva pure pensato di mettere i piedi del pilota uno sopra l’altro, per stringere ancora di più il muso. Per fortuna glielo avevano impedito. Ma nessuno aveva pensato di mettere una dimensione minima per gli abitacoli, che, quindi, erano stretti il più possibile e senza alcun tipo di protezione.

In altre parole, la sicurezza del pilota era ancora un “di cui” nell’ambito del pacchetto totale. Non solo per i progettisti, ma anche per la FIA. Nonostante questo, nulla di grave succedeva, quindi tutto ok. Fino a quando alla FIA stessa non venne l’idea di abolire un’altra soluzione che poteva contribuire a rendere quelle macchine un po’ più sicure: le sospensioni attive. E lo fece, ironia della sorte, proprio per ragioni di sicurezza. A qualcuno, in effetti, erano impazzite facendogli rischiare grosso, ma in realtà, proprio grazie ad esse, quelle vetture dall’aerodinamica estremamente sensibile potevano viaggiare ad un’altezza più costante, rimanendo più stabili.

Le macchine che corsero i primi GP del 1994 erano invece estremamente instabili. Compresa la ex astro-Williams, guidata quell’anno da Senna. Che, infatti, si lamentava parecchio di ciò che gli aveva dato il mago Newey. Il quale più tardi ammetterà di avere completamente sbagliato l’auto proprio a causa del cambio regolamentare.

Le piste, dicevamo. E qui arriviamo al tragico week-end di 25 anni fa. Imola era una pista veloce, e aveva (ma ha ancora) delle vie di fuga molto limitate. Qualsiasi problema o errore si paga duramente. E lo pagò, poco, Barrichello il venerdì. Lo pago, duramente, Ratzenberger il sabato. E lo pagò, altrettanto duramente, Senna la domenica.

Per tutti e tre una barriera arrivata troppo in fretta, e niente di niente a tenere ferma e a proteggere la loro testa. A pensarci con le conoscenze di oggi sembra una immensa stupidaggine. Eravamo nel 1994, non nel 1930. Possibile che nessuno si fosse reso conto di quanto vulnerabile fosse un pilota in quelle condizioni? Nessuno che avesse fatto un minimo di analisi dei rischi, prima che gli angeli custodi decidessero di prendersi in massa un week-end di ferie?

Nessuno l’aveva fatta. Punto.

E, infatti, lì finisce il “prima”. E finisce anche un’era, come in tanti hanno titolato il giorno dopo. L’era dei piloti “cavalieri del rischio” e del “motorsport is dangerous”. Quella F1 ha continuato a fare vittime per qualche mese ancora (senza, fortunatamente, risultare fatale) e poi la logica ha preso il sopravvento, probabilmente guidata da esigenze di marketing (le tragedie in diretta non erano più accettabili per gli sponsor) e/o assicurative, col risultato di rendere veramente la F1 uno sport più sicuro del ciclismo. E con lei, a cascata, anche le altre categorie. Tutto questo, ovviamente, se non si corre su ovale e se non si mettono di mezzo errori umani clamorosi e magari evitabilissimi.

Quando critichiamo gli ultimi ritrovati per la sicurezza, come l’Halo, ricordiamoci di cosa successe quel week-end di 25 anni fa. Del quale resta non solo il ricordo di chi non c’è più, campione o ultimo che sia, ma anche ciò che, a seguito di quegli eventi, è stato prodotto in termini di tecnologia e di metodologia per la sicurezza di chi è sulle piste, non solo sulla macchina ma anche fuori.

P.S. per chi fosse interessato ad approfondire il tema della sicurezza in F1, anche a seguito di quei tragici eventi, suggerisco la lettura del libro di Sid Watkins “Life at the Limit: Triumph and Tragedy in Formula One”.

Life is racing, all the rest is waiting